PIL, inflazione “target”, politiche monetarie, Banche Centrali, recessione, crisi bancarie, Recovery Fund, QE…e si potrebbe continuare. Sostantivi e definizioni ormai entrati a far parte del nostro idioma, spesso in lingua inglese, con buona pace di chi vorrebbe l’utilizzo solo di parole in lingua italiana. L’equilibrio economico e finanziario globali dipendono, appunto, da una molteplicità di fattori, dalla geopolitica alle misure fiscali che ogni Paese decide di attuare, dalle decisioni in fatto di politica monetaria che le autorità monetarie di volta in volta mettono in atto agli indirizzi politici dei singoli Governi. Un insieme di elementi che aiuta a definire, alla fine, in estrema sintesi, la “qualità della vita” (anche se sappiamo che il “buon vivere” non dipende solo dal “potere di acquisto” e dal benessere economico). Detto in un altro modo, spesso parlare di crescita o di decrescita, di inflazione o di manovre fiscali, possono sembrare discorsi teorici: ciò che conta è capire cosa succede al “potere di acquisto”, vale a dire se le condizioni di vita dell’individuo migliorano o peggiorano.
Parliamo dell’Italia, per esempio.
A guardare il 2022 indubbiamente non c’è da stare molto allegri.
Nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, il potere di acquisto delle famiglie è diminuito del 3,7%, accompagnato da una propensione al risparmio del 2% (i due fatti, ovviamente, sono tra loro correlati). In questo si traduce l’elevata inflazione (il dato medio del 2022 è stato pari all’8,1%, mentre nel 2021 era stato dell’1,9%; 7,7% il dato a marzo 2023, ma con il “carrello della spesa” ancora al + 12,7%). Se volgiamo lo sguardo alle retribuzioni, scopriamo che l’aumento medio è stato solo dell’1,1%, quindi quasi 8 volte in meno dell’inflazione di periodo. L’ultima rilevazione dell’Istat, relativa al mese di febbraio, evidenzia che le vendite al dettaglio sono aumentate, rispetto ai 12 mesi precedenti, del 5,8% in termini di valore, ma sono diminuite del 3,5% come volumi. Ben peggio è andata ai generi alimentari, con un divario ancor più ampio: + 7,9% il valore degli acquisti, – 4,9% il volume. Due numeri che meglio di qualsiasi analisi ci danno il quadro della situazione. Ovvio che, in situazioni simili, diventi ineluttabile, per molte famiglie, veder scendere la propria propensione al risparmio, se non, addirittura, attingere al risparmio accantonato. In sostanza, il reddito disponibile è riuscito a “limitare i danni” grazie all’utilizzo del risparmio disponibile.
Per l’anno in corso le prospettive, sempre per il nostro Paese, non sembrano ancora delle migliori: la crescita sarà modesta (+ 0,4% per Confindustria, + 0,6% per il Governo, che mira, però, ad un ben maggiore 1%), mentre i consumi rimarranno sostanzialmente fermi (+ 0,2%). Diventa quindi sempre più importante e decisivo il fatto che l’inflazione freni la sua corsa: il suo permanere a livelli elevati può, infatti, mettere in crisi profonda i bilanci familiari, il cui “paracadute” del risparmio si sta assottigliando. Altrettanto grave, da un punto di vista sistemico, sarebbe un aumento consistente dei salari per “pareggiare” il gap: vorrebbe significare che l’inflazione “si è trasferita” sui salari. E a quel punto diventerebbe ancora più difficile sconfiggerla. La soluzione potrebbe essere la riduzione del costo del lavoro, che significherebbe abbattere la pressione fiscale per le aziende. Ma per farlo è indispensabile individuare le “coperture”: ma qui il “gioco si fa duro”…
Pienamente operativi, dopo la pausa festiva per quelli cinesi nella giornata di ieri, i mercati asiatici.
Continua la fase involutiva per Tokyo, con il Nikkei in calo anche oggi dell’1% circa; sula parità, invece, sia Shanghai, frazionalmente negativa, che Hong Kong, con l’Hang Seng, al contrario, frazionalmente positivo.
Ieri sera chiusura a 2 volti per New York: leggermente positivo il Dow Jones (+ 0,24%), mentre il Nasdaq ha chiuso in calo dell’1%.
Questa mattina futures leggermente sotto la parità un po’ ovunque.
Rifiata il petrolio, dopo la corsa di questi giorni: WTI a $ 80,26, in calo dello 0,56%.
Debole anche il gas naturale Usa, a $ 2,132 (- 1,25%).
Dopo aver toccato i $ 2.040 (massimo di periodo), questa mattina l’oro torna leggermente indietro ($ 2.032,10, – 0,27%).
Spread a 183 bp, con il rendimento dei BTP al 4%, grazie alla diminuzione del rendimento del bund tedesco.
In restringimento anche il treasury Usa, il cui rendimento è sceso al 3,29%.
€/$ a 1,0897, appena sotto i valori di ieri.
Bitcoin a $ 28.028, in calo questa mattina dello 0,52%.
Domani mercati chiusi per le festività Pasquali: Finanza & caffè torna martedì.
Buona Pasqua a tutti.
Ps: Jonhson & Jonhson, uno dei leader mondiali nel settore della farmaceutica e dell’health-care, ha offerto $ 8,9 MD per risolvere molte cause avviate da consumatori relative alle accuse che i suoi prodotti a base di talco producano il cancro alle consumatrici donne. Una cifra enorme, comunque, superiore a quanto l’azienda avrebbe sin qui rifiutato di pagare, ma ben inferiore, a quanto i vertici aziendali hanno dichiarato, inferiore all’ammontare delle spese legali (passate e future).